Un cambiamento epocale nel mondo del lavoro

Per la prima volta nella storia, le aziende si trovano a gestire contemporaneamente cinque generazioni di lavoratori. Dalla Generazione Silenziosa fino alla GenZ, ogni gruppo porta con sé valori, aspettative e approcci differenti al lavoro, rendendo la convivenza più complessa, ma anche potenzialmente molto più ricca.

Secondo un’indagine condotta dalla società di consulenza psicologica Mindwork, su un campione di oltre 150 aziende italiane (per un totale di circa 400mila lavoratori), sta crescendo rapidamente l’interesse per la leadership intergenerazionale: nel 2023 solo il 2% delle imprese lavorava attivamente su questo tema, oggi sono già il 15%.

Le cinque generazioni a confronto

La diversità generazionale oggi è ampia e profonda. Ci sono i pochi esponenti della Generazione Silenziosa (1928-1945), spesso in ruoli di rappresentanza; i Baby Boomers (1946-1964), ancora attivi grazie all’età pensionabile più avanzata; la Generazione X (1965-1979), nel pieno del percorso professionale; i Millennial (1980-1996), oggi numericamente dominanti; e infine la Generazione Z (1997-2012), che sta entrando nel mercato del lavoro con valori e priorità molto diversi.

La GenZ: nuova energia e nuove esigenze

È soprattutto la GenZ a far discutere. Molto attenta all’equilibrio tra vita e lavoro, è anche la generazione più sensibile alla corrispondenza tra i propri valori e quelli dell’azienda. Secondo Mario Alessandra, CEO di Mindwork, oltre il 64% dei giovani di questa fascia attribuisce grande importanza all’allineamento valoriale e uno su cinque lascia il lavoro per disagio psicologico o mancanza di coerenza etica.

La motivazione non è legata alla pigrizia, ma a nuove priorità: benessere, equilibrio, riconoscimento personale e possibilità di crescita in ambienti inclusivi e sostenibili. Questo porta a un cambio di paradigma che le aziende non possono ignorare.

Conflitti e opportunità generazionali

La convivenza tra generazioni, se non gestita con consapevolezza, può creare criticità. Le principali, secondo lo studio Mindwork, sono tre:

1. Collaborazione: difficoltà nel comunicare e lavorare insieme, con impatti sulla coesione dei team.

2. Gestione dei conflitti: divergenze nei valori e nello stile lavorativo possono generare tensioni.

3. Trasferimento di competenze: mancano strumenti per facilitare il passaggio di know-how dai lavoratori senior ai più giovani, con il rischio di perdere conoscenze strategiche.

Le leve per costruire il dialogo

Ma ogni criticità può diventare una leva di cambiamento. Secondo Mindwork, ci sono tre azioni chiave per trasformare la diversità generazionale in un’opportunità:

1. Attivare canali di ascolto: comprendere i bisogni di tutte le generazioni attraverso indagini, feedback e momenti di confronto.

2. Sviluppare le soft skill: soprattutto quelle relazionali, essenziali per la collaborazione tra profili diversi.

3. Formare i leader: manager e responsabili devono essere pronti a valorizzare la diversità come risorsa strategica.

Una nuova idea di leadership

La crescita dell’interesse verso la leadership intergenerazionale non è solo un segnale positivo, ma un necessario adattamento ai tempi. Le imprese che sapranno costruire un dialogo autentico tra generazioni, superando stereotipi e conflitti, potranno innovare davvero, attrarre talenti e rimanere competitive.

Come ha osservato di recente anche Arrigo Giana, amministratore delegato di Atm, il tema dell’attrattività del lavoro va ben oltre il compenso economico. In gioco ci sono valori, cultura aziendale e qualità della vita. E oggi, queste dimensioni sono sempre più al centro del rapporto tra persone e organizzazioni.