Per il FMI la crescita non convince

L’economia globale mostra segnali di resilienza, ma secondo il Fondo Monetario Internazionale questa tenuta è ancora troppo fragile per parlare di vera ripresa. A sottolinearlo è stato Pierre-Olivier Gourinchas, capo economista del Fmi, che ha messo in guardia su un quadro più incerto di quanto le prime stime lasciassero immaginare.

Lo shock commerciale fa ancora male

Secondo Gourinchas, lo shock legato all’impennata dei dazi e alla frammentazione del commercio mondiale potrebbe rivelarsi meno grave del previsto, ma i suoi effetti sull’economia restano significativi e visibili. Le tensioni internazionali, unite alle strategie di deglobalizzazione e al rallentamento della domanda, stanno lasciando segni profondi e duraturi sui flussi commerciali.

Il Pil cresce, ma resta sotto i livelli pre-Covid

A conferma di questa fragilità c’è la revisione al ribasso delle stime di crescita. Il Pil globale si attesterà intorno al 3%, un dato che il Fmi giudica deludente, perché ancora inferiore alla media registrata prima della pandemia. La crescita, insomma, c’è ma non basta: non è né solida né diffusa come servirebbe per consolidare una vera ripresa.

Commercio in calo strutturale

Preoccupa anche la traiettoria del commercio mondiale. Nonostante un’apparente anticipazione della domanda, il Fmi prevede un calo persistente dell’intensità degli scambi globali: dal 57% del 2024 si dovrebbe passare al 53% entro il 2030. Un trend che segnala non solo debolezza congiunturale, ma anche mutamenti strutturali nel modo in cui si produce e si consuma a livello globale.

Un equilibrio ancora instabile

Nel complesso, il messaggio del Fmi è chiaro: la crescita mondiale è viva, ma fragile. Gli shock degli ultimi anni – pandemie, guerre commerciali, tensioni geopolitiche – hanno lasciato cicatrici che non si rimarginano in fretta. E mentre l’economia cerca un nuovo equilibrio, il rischio è che la fragilità attuale diventi la nuova normalità.