La finanza sostenibile italiana si consolida anche attraverso strumenti meno visibili, ma sempre più rilevanti: i fondi di investimento alternativi (Fia). Secondo la Relazione annuale 2024 della Banca d’Italia, il patrimonio dei Fia chiusi italiani è passato da 171 miliardi a 184 miliardi di euro in un solo anno, con un incremento del 7,6%. Questi fondi, destinati per lo più a investitori professionali, rappresentano un pilastro cruciale per finanziare l’innovazione, la rigenerazione urbana e le nuove infrastrutture sostenibili. A trainare il comparto sono i fondi immobiliari chiusi, spesso focalizzati su edilizia sostenibile, e i Fia mobiliari, attivi su progetti di innovazione, transizione ecologica e digitalizzazione. Una componente fondamentale della finanza sostenibile fuori dai radar della Borsa. La loro struttura chiusa consente orizzonti temporali di lungo periodo, ideali per progetti Esg ad alto impatto.
I fondi immobiliari trainano l’edilizia green
Il cuore del sistema Fia italiano, come accennato, resta il comparto immobiliare, che vale circa il 70% del totale del patrimonio gestito. Si tratta perlopiù di fondi chiusi che investono in asset fisici, con una crescente attenzione alla sostenibilità ambientale degli edifici. Negli ultimi anni, le strategie di portafoglio si sono progressivamente orientate verso immobili in classe energetica elevata, certificati secondo standard internazionali come Leed o Breeam, e spesso situati in contesti urbani da rigenerare. Gli investitori istituzionali – dalle casse previdenziali ai fondi pensione – richiedono sempre più frequentemente target ESG negli investimenti immobiliari, anche per presidiare il rischio di obsolescenza.

Il private equity spinge la transizione
Accanto al mattone green, crescono i Fia mobiliari, che nel 2024 hanno registrato una raccolta netta positiva di 4,4 miliardi di euro, in espansione rispetto al biennio precedente. Si tratta principalmente di fondi di private equity, venture capital e private debt, impegnati nel finanziare start-up e pmi attive nella transizione energetica, nella digitalizzazione sostenibile, nella mobilità elettrica e nei servizi ambientali.
Sempre più operatori integrano criteri Esg nella selezione delle aziende target, valutando impronta carbonica, governance, impatto sociale e resilienza climatica. È il caso, ad esempio, dei fondi che supportano imprese innovative nell’ambito dell’economia circolare, della gestione rifiuti, dell’efficienza idrica o del clean tech.
Nuovi strumenti per investitori Esg oriented
Il mercato dei Fia si sta adattando alla crescente domanda di prodotti finanziari compatibili con le strategie Esg. In particolare, le sgr italiane stanno sviluppando nuove soluzioni di investimento che combinano performance finanziaria e impatto ambientale/sociale misurabile, destinate a investitori istituzionali con policy di allocazione sostenibile. Alcuni fondi utilizzano modelli di misurazione ex ante ed ex post dell’impatto, mentre altri integrano meccanismi di performance fee legati al raggiungimento di obiettivi Esg. Cresce anche l’uso di Kpi ambientali nel monitoraggio delle partecipate, spesso in coordinamento con le linee guida internazionali del Pri (Principles for Responsible Investment) e della EU Sustainable Finance Platform.
Un canale alternativo e strategico per la finanza verde
Nel contesto della transizione ecologica, i Fia rappresentano un canale essenziale per convogliare risorse verso settori ad alta intensità di capitale e lungo periodo di maturazione. A differenza degli strumenti quotati, i Fia possono investire in progetti infrastrutturali, quartieri sostenibili, impianti industriali ad alta efficienza e tecnologie ancora in fase di sviluppo. Il loro ruolo sarà centrale anche nell’implementazione del Pnrr e degli strumenti del green deal europeo, dove la collaborazione tra pubblico e privato richiede veicoli agili, patrimonializzati e con governance robusta.








