La finanza sostenibile avanza anche in Italia, con una crescita significativa dei fondi che integrano criteri ambientali, sociali e di governance (Esg). Secondo quanto riportato nella Relazione annuale 2024 della Banca d’Italia, tra il 2023 e il 2024 il patrimonio complessivo dei fondi Esg è cresciuto da 121 miliardi a 140 miliardi di euro, segnando un aumento annuo del 15,7%. La quota sul totale del risparmio gestito resta ancora contenuta, ma in costante espansione, anche grazie all’interesse di investitori retail sempre più sensibili alla sostenibilità e alle nuove regole europee che impongono maggiore trasparenza sugli impatti ambientali degli investimenti.
I fondi articolo 8 dominano il mercato Esg italiano
Una netta prevalenza è rappresentata dai cosiddetti fondi articolo 8 secondo la classificazione del Regolamento europeo Sfdr (Sustainable finance disclosure regulation). Si tratta di fondi che promuovono caratteristiche ambientali e/o sociali nei loro criteri di selezione dei titoli, ma non hanno come obiettivo primario un impatto sostenibile concreto. A fine 2024, questi fondi rappresentano 131 miliardi di euro, pari al 93,6% del totale Esg italiano.
Il dato indica una forte preferenza, da parte degli intermediari, per prodotti che restano in una zona normativa “intermedia”: meno impegnativa rispetto ai fondi articolo 9, ma più facilmente collocabile in un mercato sempre più orientato alla sostenibilità. Il rischio, tuttavia, è quello di un eccessivo affollamento su strumenti che, pur promuovendo l’Esg, non garantiscono impatti misurabili e verificabili.
Crescono i “dark green”, ma restano marginali

Più contenuta, ma in crescita, la dimensione dei fondi articolo 9 – i cosiddetti “dark green”, che hanno tra i loro obiettivi espliciti il perseguimento di impatti ambientali o sociali. Secondo la Banca d’Italia, a fine 2024 questi fondi hanno raggiunto un patrimonio di 9 miliardi di euro, in crescita dell’11% rispetto al 2023. Sebbene rappresentino solo il 6,4% del mercato Esg nazionale, il loro incremento segnala l’avanzata di una domanda più sofisticata da parte di investitori istituzionali, fondazioni e fondi pensione. Gli articoli 9 sono generalmente soggetti a requisiti di rendicontazione più stringenti, con obblighi di disclosure più severi rispetto agli obiettivi climatici, alle metriche di impatto e alla misurazione delle esternalità. Ciò li rende strumenti meno accessibili alla massa, ma più coerenti con le finalità della finanza d’impatto.
Esg e asset allocation: più azioni nei portafogli sostenibili
Un’altra tendenza rilevata dalla Banca d’Italia riguarda la composizione dei portafogli dei fondi Esg rispetto a quelli “tradizionali”. I primi mostrano una maggiore esposizione ai titoli azionari, a differenza dei fondi brown, che mantengono un’impostazione più bilanciata o orientata al reddito fisso. Questa scelta è figlia la visione che molte imprese a vocazione Esg rappresentino oggi i principali driver della crescita a medio-lungo termine: settori legati alla transizione energetica, alla digitalizzazione sostenibile, all’economia circolare e alla mobilità green. Allo stesso tempo, la preferenza per l’azionario può aumentare il profilo di rischio dei fondi sostenibili, rendendoli meno appetibili per alcuni segmenti di investitori retail.
La qualità della gestione Esg: progressi significativi
Non solo quantità, ma anche qualità. Secondo la Relazione, nel 2024 gli intermediari italiani hanno migliorato l’integrazione dei rischi ambientali e climatici nei processi di investimento. Aumentano i casi in cui le sgr adottano modelli avanzati di scoring Esg, aggiornano le proprie policy di investimento responsabile, partecipano a iniziative di stewardship e applicano filtri negativi più articolati (es. esclusione di settori ad alto impatto come carbone, armi, tabacco).

Il rafforzamento normativo europeo e l’attenzione delle autorità di vigilanza – compresa la stessa Banca d’Italia – stanno contribuendo a spingere il sistema verso una maggiore coerenza tra dichiarazioni Esg e operatività reale. Tuttavia, restano disomogeneità tra gli operatori e ampi margini di miglioramento soprattutto per gli attori medio-piccoli.
Greenwashing: una minaccia da non sottovalutare
Il rischio più insidioso per la credibilità della finanza sostenibile rimane il greenwashing. Con il moltiplicarsi di prodotti Esg, cresce anche il pericolo che etichette “green” vengano utilizzate in modo superficiale o opportunistico. In questo contesto, l’enfasi su fondi articolo 8 – che spesso non offrono metriche dettagliate sugli impatti – solleva interrogativi su quanto i prodotti realmente contribuiscano agli obiettivi climatici europei.
Proprio per questo, nel 2024 la Commissione europea ha avviato una revisione della Sfdr, con l’obiettivo di chiarire meglio i requisiti di classificazione e garantire maggiore trasparenza e comparabilità tra i fondi.
L’Italia tra consolidamento e nuove sfide
In conclusione, il mercato italiano dei fondi Esg appare in una fase di consolidamento dinamico. La crescita dei volumi è sostenuta, anche se polarizzata su prodotti a medio impegno. La sfida dei prossimi anni sarà rafforzare il segmento “dark green”, migliorare la rendicontazione, elevare gli standard e offrire ai risparmiatori strumenti più chiari e affidabili. La finanza sostenibile non è più una nicchia, ma un perno strategico della gestione patrimoniale moderna. Resta da vedere se il sistema italiano saprà raccogliere la sfida di un ESG autentico, efficace e misurabile.







