L’Italia guadagna terreno, ma resta lontana dai vertici

L’Italia scala tre posizioni nel Global Attractiveness Index 2025, passando al 16° posto a livello mondiale. Una buona notizia, certo, ma che non basta: il nostro Paese continua a soffrire per salari bassi, scarsa occupazione e una fuga di giovani talenti.

Laureati in fuga e salari tra i più bassi d’Europa

Un dato allarmante arriva proprio dai giovani: solo il 29,2% dei lavoratori italiani è laureato, contro una media europea decisamente più alta. Negli ultimi dieci anni, oltre 280.000 laureati hanno lasciato l’Italia in cerca di migliori opportunità. Il nodo principale? La scarsa competitività retributiva: i giovani italiani under 35 guadagnano meno della media UE, pur lavorando di più.

Imprese e lavoro: troppe posizioni vacanti, ma mancano competenze

Un altro paradosso è rappresentato dalle 2,5 milioni di posizioni lavorative che le aziende italiane faticano a coprire. Un gap che costa al sistema economico 43,9 miliardi di euro l’anno. La carenza di personale qualificato rischia di frenare la crescita del Paese, proprio mentre l’attrattività verso investitori stranieri torna a crescere.

Investimenti e sentiment delle imprese in calo

Nonostante i segnali positivi a livello di attrattività globale, la fiducia delle imprese italiane è in calo. L’Economic Sentiment Indicator (ESI), che misura l’ottimismo delle aziende, è sceso a 46,3 punti a giugno 2025, contro i 46,7 del mese precedente. Gli investimenti restano stabili (35° posto), ma le aspettative occupazionali continuano a peggiorare.

Energia e fiscalità: ostacoli per la competitività

Anche il costo dell’energia continua a essere un freno: in Italia è ancora più alto di quello sostenuto in Paesi come Francia o Germania. A questo si aggiunge una pressione fiscale sul lavoro tra le più elevate d’Europa (45,1%), che penalizza lavoratori e imprese, ostacolando ulteriormente la crescita.

 Il confronto europeo: chi ci precede

Nella classifica globale, Germania (1ª), Francia (3ª), Regno Unito, Svizzera e persino Cina precedono l’Italia. Gli Stati Uniti restano primi per attrazione di talenti e innovazione. L’Italia migliora, ma paga ancora un ritardo strutturale.

L’Italia tra speranze e incognite

 l’Italia sta risalendo, ma con il freno a mano tirato. I segnali positivi ci sono, ma finché non si affronteranno nodi strutturali come bassi salari, pressione fiscale e fuga di cervelli, il potenziale del Paese rischia di restare inespresso.