L’economia dell’area euro rallenta nel secondo trimestre 2025, dopo un avvio d’anno positivo. A confermarlo è la presidente della Banca Centrale Europea (BCE), Christine Lagarde, che ha evidenziato come le nuove aliquote tariffarie introdotte dagli Stati Uniti siano risultate leggermente superiori alle stime e verranno considerate nelle prossime proiezioni di settembre.
Crescita e tensioni commerciali
Secondo Lagarde, le esportazioni europee verso gli USA avevano registrato un forte incremento in primavera, spinte dall’anticipazione dei dazi annunciati dall’amministrazione Trump. Questo fenomeno di frontloading ha sostenuto temporaneamente la crescita globale, ma ora gli scambi stanno rallentando. “L’economia globale si trova in una fase complessa. Nonostante le tensioni commerciali e l’incertezza, la crescita rimane stabile grazie alle distorsioni create dai dazi”, ha dichiarato la presidente BCE.
L’accordo commerciale con gli Stati Uniti
L’intesa raggiunta con Washington prevede un’aliquota media compresa tra il 12% e il 16% sulle importazioni europee. Una misura più alta rispetto alle previsioni di giugno, ma comunque inferiore allo scenario peggiore ipotizzato, che contemplava tariffe oltre il 20%. Restano però incertezze su settori strategici come farmaceutica e semiconduttori, in attesa di chiarimenti sui dazi specifici.
Inflazione Eurozona: luglio 2025
Sul fronte dei prezzi, l’inflazione nell’Eurozona a luglio si è mantenuta stabile al 2,0%, in calo rispetto al 2,6% dello stesso mese del 2024. Nell’insieme dell’Unione Europea il tasso annuo è stato del 2,4%, in lieve aumento rispetto al 2,3% di giugno, secondo le stime confermate da Eurostat.
Tra i Paesi con l’inflazione più contenuta a luglio spiccano Cipro, con appena lo 0,1%, la Francia allo 0,9% e l’Irlanda all’1,6%. All’opposto, i livelli più alti si registrano in Romania (6,6%), Estonia (5,6%) e Slovacchia (4,6%).
Guardando ai contributi settoriali, i servizi restano il principale motore dell’inflazione con un incremento dell’1,46%, seguiti da alimentari, alcolici e tabacco che hanno aggiunto lo 0,63%. Più contenuto il contributo dei beni industriali non energetici (+0,18%), mentre l’energia ha avuto un effetto calmierante, sottraendo 0,23 punti percentuali al dato complessivo.







