Lavorare senza uscire dalla povertà

Nel cuore dell’industria della moda, milioni di persone producono abiti destinati ai mercati di tutto il mondo ma non guadagnano abbastanza per vivere. Secondo la Clean Clothes Campaign, la maggioranza dei lavoratori tessili percepisce meno di due dollari al giorno. Una cifra che non consente di coprire nemmeno i bisogni primari come cibo, casa, cure mediche e istruzione per i figli. La contraddizione è evidente: mentre il settore genera miliardi di profitti, chi lo alimenta resta intrappolato nella povertà.

Un sistema che sfrutta soprattutto le donne

Il comparto tessile globale impiega circa 94 milioni di persone, il 60% donne. Per loro, la situazione è ancora più difficile: salari più bassi della media, condizioni di lavoro precarie e ambienti spesso pericolosi. La catena di fornitura, dominata da grandi marchi e committenti internazionali, alimenta uno squilibrio di potere che finisce per tollerare – se non addirittura favorire – lo sfruttamento.

Quando i governi abbassano l’asticella

Molti Paesi produttori fissano salari minimi legali troppo bassi per attrarre investimenti stranieri. E, in molti casi, nemmeno questi livelli vengono rispettati dai fornitori. Così, il lavoro resta povero per definizione. Proprio per questo la Clean Clothes Campaign continua a chiedere l’introduzione di un salario dignitoso universale, che vada oltre la produttività e sia ancorato ai bisogni reali di una famiglia.

La trasparenza come arma di cambiamento

Per fare luce sulle retribuzioni nella catena della moda, la Clean Clothes Campaign ha creato Fashion Checker, una piattaforma che raccoglie dati aggiornati sui salari delle fabbriche, sulla distribuzione di genere della forza lavoro e sulla tipologia dei contratti. Uno strumento che consente a consumatori e attivisti di monitorare le aziende e pretendere maggiore responsabilità.

Cosa significa davvero “salario dignitoso”

Secondo gli standard internazionali, un salario dignitoso deve essere percepito entro una settimana lavorativa di massimo 48 ore, senza straordinari, e garantire non solo la copertura dei bisogni primari della famiglia, ma anche un margine discrezionale di almeno il 10%. Applicando questo criterio, in Italia nel 2024 un compenso dignitoso corrisponde ad almeno 2.000 euro netti al mese. Se si adottasse tale soglia, tre lavoratori su quattro risulterebbero oggi sottopagati.

Una giornata mondiale per i diritti

La Clean Clothes Campaign chiede che il 25 settembre venga riconosciuto ufficialmente come Giornata Internazionale per il Salario Dignitoso. Un’occasione per ricordare che il lavoro non può essere sinonimo di povertà e che la dignità delle persone non può dipendere dalla geografia o dal potere contrattuale delle multinazionali.