L’allarme Ocse: retribuzioni reali in calo
L’Italia è il Paese dell’area Ocse che ha registrato il calo più significativo delle retribuzioni reali dal 2021: meno 7,5%. È quanto emerge dal nuovo rapporto dell’organizzazione internazionale, che analizza l’andamento dei salari nei principali Paesi industrializzati. Nonostante nell’ultimo anno ci sia stato un leggero recupero, il livello delle retribuzioni resta ancora molto inferiore rispetto al periodo pre-inflazione.
Inflazione sotto controllo, ma salari al palo
Christine Lagarde, presidente della BCE, ha confermato che l’inflazione nell’eurozona si attesta oggi al 2%, in linea con l’obiettivo a medio termine. I tassi restano fermi (depositi al 2%, finanziamenti principali al 2,15%, marginali al 2,40%) in attesa dei nuovi dati macroeconomici. Tuttavia, se l’inflazione si è stabilizzata, i salari reali crescono ancora troppo lentamente, con un ritmo definito “più lento del previsto” anche da Lagarde.
Cresce l’occupazione, ma non i redditi
Il nuovo rapporto Ocse mostra un paradosso tutto italiano: l’occupazione sale, ma i salari non tengono il passo. La crescita delle retribuzioni reali “dovrebbe rimanere modesta nei prossimi due anni”, si legge nel dossier. I lavoratori vedranno quindi un recupero solo parziale del potere d’acquisto perso tra 2021 e 2023.
Un Paese sempre più anziano e diseguale
Un’altra grande preoccupazione riguarda l’invecchiamento della popolazione. Tra il 2023 e il 2060, la percentuale di italiani in età lavorativa scenderà dal 62% al 34%. Già oggi, per ogni giovane ci sono 2,4 lavoratori anziani. Nei prossimi 35 anni, il rapporto si invertirà: ci sarà un anziano ogni 1,3 persone in età attiva. L’Ocse lancia quindi un allarme intergenerazionale: “I baby boomer hanno goduto di una crescita dei redditi superiore rispetto ai più giovani”. Se non si troveranno soluzioni per aumentare i salari delle nuove generazioni, il rischio è una disuguaglianza strutturale crescente.
Il nodo produttività
Secondo l’Ocse, se la produttività del lavoro resterà ai livelli medi del 2006–2019 (0,3% l’anno), il PIL pro capite italiano rischia di calare dello 0,67% ogni anno. Un dato che rafforza l’urgenza di misure in grado di rilanciare la crescita economica e sostenere l’aumento delle retribuzioni nel medio-lungo periodo.







